La Mistica Chiara: la coltura rigenerativa di girasoli, canapa e lino.

di Luca Farinotti

L’agricoltura del domani, sostenibile, green, indipendente, può contare sempre più su una nuova generazione di impavide paladine. Una di queste è certamente Chiara Mutti, proprietaria dell’Azienda Agricola Landini Isma a San Protaso di Fiorenzuola d’Arda, i cui territori sono attraversati dal torrente Chiavenna che dà il nome all’omonima valle.
Nell’ultimo decennio la sua azienda ha “rinnegato” le coltivazioni tradizionali della pianura padana quali mais, frumento, pomodori e erba medica, per convertirsi completamente alle colture oleaginose (storiche in Italia) di lino e canapa sativa.
“Credendo fermamente nei benefici legati a queste due piante, l’azienda ha progettato e realizzato un impianto di spremitura meccanica a freddo di semi oleosi e, dal 2017, è in grado di produrre olio e farina di semi di canapa e di lino,  governando così l’intera filiera di produzione”. Il percorso di Chiara rappresenta un modello coraggioso, unico nel suo genere, di recupero e rimessa in valore del terreno agricolo.

Chiara, cosa ti ha spinto a convertire integralmente i terreni dell’azienda agricola centenaria della tua famiglia?

Il richiamo per la terra, il senso forte di appartenenza a essa. La risonanza con la natura che percepisco sempre più nitidamente attraverso ciò che ho creato.

Che cosa hai creato?

Tutto è partito da una vocazione che, dal momento in cui si è manifestata in me, non ho potuto fare a meno di seguire: l’urgenza di liberare la mia terra da tutto quello che era in dissonanza con essa.

Ovvero?

La mia famiglia ha sempre coltivato mais, pomodoro, frumento in costante conflitto con i parametri sempre più inaccettabili imposti dalle leggi di mercato: un sistema che richiede una produzione regolata da fattori avvelenanti per il terreno, oltre che per gli esseri umani. È un meccanismo senza uscita, se si fa agricoltura per il mercato convenzionale, che impone l’uso di diserbanti, pesticidi maturanti multifunzionali e tante altre procedure in opposizione alla natura e all’uomo. Per esempio, il pomodoro deve essere esteticamente perfetto per la distribuzione a discapito di ciò che contiene. A lungo andare, l’uso dei prodotti e dei sistemi correnti avvelena il terreno, lo rende irreversibilmente contaminato, provocando la conseguente contaminazione delle falde acquifere, dei corsi d’acqua, dell’ambiente circostante e della popolazione degli insetti. Devasta l’ecosistema.

Quanto sono importanti gli insetti per l’equilibrio dell’ecosistema?

L’agricoltura moderna è basata sulla sterilizzazione spietata dell’ambiente in funzione delle richieste di mercato; una delle cartine tornasole per comprendere il livello di inquinamento di un habitat è il livello di presenza delle api. Se non ci sono api, significa che il territorio è in fase di intossicazione acuta. Nelle mie terre non c’erano più api. Ora, da quando ho rivoluzionato tutto, le api sono tornate, insieme a tutti gli altri insetti.

Mi hai raccontato che fino al 2014 eri infelice e sentivi una profonda frustrazione. Lì, hai cominciato a sentire di dover cambiare qualcosa.

Prima di tutto ho smesso di opporre resistenza alla consapevolezza che la prima cosa da cambiare fosse la mia vita che, come per qualsiasi essere vivente, è una sola e non può esserne sprecata nemmeno una briciola. Accettare di ascoltare la mia vocazione è stato un primo passo verso il “sacrificare” (nel senso più etimologico del termine che è diverso dal semplice dedicare) la mia esistenza alla terra, un bene che il destino e la storia della mia famiglia mi avevano affidato, ma anche una risorsa. Questa presa di coscienza mi ha dato la forza e infuso il coraggio per licenziarmi da un impiego sicuro e ben remunerato in una multinazionale. Lì è cominciato il percorso di cura di me stessa; ed è stato così che ho compreso che, per onorare la mia nuova vita, era necessario guarire, dopo di me, anche la mia terra, riportandola al suo stato naturale di salute.

Ho investito tutta la liquidazione nell’azienda e sono partita, con un sogno e una missione.

Canapa, lino, girasoli?

All’inizio, solo la canapa. Dopo aver estirpato tutto e aver a lungo studiato, acquisii la certezza che la medicina migliore per purificare la terra risiedesse nelle piante di canapa; non richiede acqua, tiene lontani i parassiti e assorbe i metalli pesanti dal terreno; è una profonda purificatrice e arricchisce il terreno cedendo azoto e ossigeno, in pratica è il più potente farmaco naturale per la terra. L’ho piantata dappertutto, al posto delle precedenti coltivazioni e lei, come un rimedio omeopatico (è un infestante), ha cominciato a bonificare, purificare e rivitalizzare in silenzio la mia terra: per tre anni non abbiamo fatto nulla se non attendere, preparaci, studiare. Non avendo alcun raccolto, sono stati tanti i sacrifici da sopportare in attesa che la canapa facesse il suo dovere. Facevamo la pacciamatura, questa sì, nel mio orto e intorno a casa. Ho potuto constatare a occhio nudo come tenesse lontani i parassiti e reidratasse il terreno con la sua freschezza e le sue proprietà. Pacciamavo anche il bosco, che ne ha tratto poi enormi benefici.

Tre anni senza raccolto con grandi sacrifici e al tuo fianco solo un sogno e una visione da realizzare: deve essere stata durissima.

Ero pronta a vivere questa transizione e, soprattutto, confortata da fatto che mio padre già da anni aveva deciso di non usare più pesticidi e diserbanti seppure avessimo ancora a dimora colture tradizionali. Questo diede al processo una durata molto più breve di quanto dovrebbe essere, ad esempio, per altri che massacrano il terreno da decenni con le loro monocolture.

Nel 2017, si comincia finalmente a raccogliere qualcosa…

Mi rendo conto che nel frattempo la canapa, con le sue proprietà uniche, mi ha stregato, e pur ancora agli inizi del mio percorso, decido di continuare con lei; mi ritrovo coi semi e mi chiedo “cosa ci faccio?” Quasi tutti quelli che coltivano canapa, lo fanno per il settore tessile, io invece, dopo tanto studio, analisi e confronti, capisco che devo valorizzare in altro modo un seme ricchissimo di Omega 3, 6 e 9 (antiossidanti naturali) come nessun altro, nonché di vitamine del gruppo B1 e B2, vitamine E e A, oltre a essere pieno di ferro e fosforo: avevo nella mia terra l’unica pianta al mondo contenente tutti questi elementi in perfetto equilibrio! Decido così di valorizzare il seme estraendone l’olio.

Trattandosi di una frontiera quasi sconosciuta, mi trovai di fronte a una serie di problemi inattesi che decisi di risolvere, affidandomi all’immaginazione e alla mia testardaggine. Il primo ostacolo da superare fu la raccolta. Hai mai visto dove sono posizionati sulla pianta e quanto siano piccoli i semi? E quanto sia coriacea la pianta? Il fusto è così robusto da mandare in panne qualsiasi mietitrebbia moderna. A forza di fare ricerche, scoprimmo che un vecchio modello di mietitrebbia, per la precisione del 1980, meno evoluto ma con crivelli adattabili allo scopo, poteva essere modificato. Così facemmo, e con l’aiuto di meccanici specializzati, riuscimmo finalmente ad affrontare lo stelo della canapa (che è formato dalla fibra e dal canapulo, la sua parte dura) e a raccogliere i suoi semini molto piccoli.

Risolto questo problema, avevate finalmente i primi semi, dunque.

Sì, ma ora dovevamo trovare un pulitore. Non esisteva un’attrezzatura adeguata a pulire questo seme di dimensione non tradizionale, tondo e molto leggero. Solo dopo una lunga ricerca, giungemmo a capo anche di questa avventura. A questo punto il seme, dopo la misurazione dell’umidità con la termobilancia (tutte attrezzature che avevo comprato con la mia liquidazione) atta a certificarne il giusto grado di asciuttezza determinato dall’assorbimento del caldo estivo (la raccolta si fa a fine settembre/inizio ottobre), può essere utilizzato.

Ora serviva una pressa.

Io volevo una spremitura a freddo con procedimento meccanicol’industria utilizza i solventi per estrarre gli oli dai semi o, nella migliore delle ipotesi, presse che spremono ad altissima temperatura per questioni di rese. Ma che senso ha fare olio di semi se utilizzi metodi che annullano tutte le proprietà nutritive e medicamentose dei semi stessi?

La pressa che volevo non esisteva sul mercato e realizzarla fu la sfida più probante: un anno e mezzo di sperimentazione, test e prove. Da diventare matti. Ora che esiste, è la cosa di cui vado più orgogliosa. Non rivelerò mai a nessuno i suoi segreti meccanici poiché è unica al mondo: nessuno ha un impianto simile, in grado di realizzare delicatamente una vera e propria prima spremitura a freddo, estraendo l’olio goccia a goccia. Tramite questo processo si ottiene un nettare prezioso, perfettamente integro, che può essere utilizzato sia come alimento, sia come trattamento per il corpo (sui capelli, per i massaggi, sulla pelle), sia come antidolorifico o antinfiammatorio naturale per uso esterno e interno: un cucchiaino al giorno è sufficiente a mantenere sfiammati l’apparato digerente e gli organi.

Se si tratta di una spremitura a freddo, come per l’olio di oliva di frantoio, cosa si fa con i semi al termine della prima estrazione?  

Dopo la spremitura, nei semi c’è ancora olio. È a questo punto che li macino per ottenere la farina. Anche per questa operazione, mi serviva una mola specifica mai costruita prima. Adattammo un mulino degli anni Settanta, con una meccanica più modificabile rispetto agli impianti standard di oggi, allo scopo di macinare un seme oleoso: anche questa operazione non fu semplice ma, alla fine, riuscimmo a stabilizzare perfettamente il processo e oggi produciamo una farina ricca di tutti i nutrienti già detti, oltre che di una parte oleosa contenente un’alta quantità di proteine vegetali (33%) e fibre; questa farina può essere aggiunta a crudo allo yogurt, ai frullati di frutta o a tutti i tipi di impasto in piccole percentuali: in quest’ultimo caso, andrà a migliorare la qualità nutritiva di qualsiasi panificazione, oltre a conferirle un piacevolissimo aroma naturale.

Con la suddetta macina, poi, con i semi macinati a freddo e non disoleati, produciamo il famoso “Canafè”, una miscela di caffè e canapa apprezzatissima per le sue qualità depuranti, disintossicanti, antinfiammatorie.

Facciamo anche dei biscotti al “Canafè”, e poi una crema spalmabile in cui l’olio di semi di canapa e l’olio di semi di girasole fungono da amalgama agli altri ingredienti: nocciole del Piemonte (almeno il 51%), sciroppo d’agave, cacao. Non uso latte, né uova, né conservanti e coloranti. Sono le prime sperimentazioni di interazione con prodotti virtuosi di altre persone e aziende a cui siamo connessi per condivisione di valori e missione.

Questo ci introduce al girasole perché tu, a un certo punto, decidi di differenziare le colture, affiancando il girasole e, infine, il lino alla canapa.

E qui si apre tutto il mondo della meravigliosa avventura degli ultimi anni.

Canapa e lino, si dice, sono come due sposi; hanno caratteristiche molto simili, stessi poteri. La canapa ha in più la qualità taumaturgica, il potere antinfiammatorio e la funzione curativa sulla terra. Il lino, come lei, contiene gli Omega3 e tutti gli altri elementi. Con il lino, dunque, produco sempre olio e farina, sfruttando gli stessi macchinari.

E il girasole, perché?

Ho voluto aggiungere un capitolo innovativo e riformista al mio percorso aggiungendo il girasole per produrre un olio controcorrente, non deodorato, non decolorato, non filtrato, spremuto a freddo e direttamente imbottigliato. Anche il girasole, se trattato in questo modo, è in grado di conservare e fornire sostanze preziosissime: ricchissimo di vitamina K, che stabilizza la vitamina D, è una pompa naturale di energia.

Quindi abbiamo canapa, girasole e lino in perfetta armonia tra loro, a dimora in terreni incontaminati, che, se assunti in modo integrato, possono fornire un ventaglio completo di vitamine, proteine e grassi buoni, fungendo anche da antifiammatori e stabilizzanti?

Certo! Questa è la missione possibile che voglio trasmettere con il mio modello. Lo sviluppo di queste coltivazioni, lavorate seguendo pratiche antiche ma appartenenti più che mai al futuro, si inserisce in uno scenario di visione nuova del mondo, più sostenibile, che possa portare vantaggio per tutti e fare del bene alla terra. Rispetto all’agricoltura tradizionale, queste coltivazioni, in particolare la canapa, non abbisognano di acqua e generano un grande risparmio idrico, mantengono il terreno disinfettato in modo naturale, ospitano tutti gli insetti “buoni” per le piante, tenendo lontano quelli “cattivi”. Riaccendono linee di economia alternativa e riportano alla luce risorse alimentari dimenticate.

Hai raccontato la tua visione e la tua missione. Qual è la tua promessa?

Dare tutta me stessa per divulgare una filosofia di agricoltura sostenibile, di consapevolezza e di recupero della terra che è, e deve essere, un bene di tutti.

Azienda Agricola Landini Isma, Località Casa Chiavenna, 29017 San Protaso (PC) isma.landini@libero.it

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Luca Farinotti

Luca Farinotti, nato nel 1972, è un autore, docente e imprenditore italiano rinomato nel settore della ristorazione e della cultura gastronomica. Ha scritto "Mondoristorante" (2018), premiato al Bancarella della Cucina 2019 e presentato in vari festival, che esplora l'evoluzione della ristorazione italiana nei primi anni del ventunesimo secolo. Il suo libro "Reinstaurant" (2020), è un manuale fondamentale per la ristorazione post-Covid. Ha anche pubblicato "Parma 2020 Best Restaurants & Food Producers" (2019), una guida sostenibile ufficiale di Parma Capitale della Cultura 2020. Farinotti è docente di food storytelling, è stato rettore dell’Accademia Internazionale della Cultura Italiana (2021-2022), ha collaborato con importanti testate giornalistiche e è stato testimonial per UNESCO Parma City of Gastronomy. Nel settore imprenditoriale, ha creato brand di successo come Mentana 104 e Bread Parma, ed ha fornito consulenze a importanti entità nel campo della ristorazione, inclusa quella per il Consorzio del Parmigiano Reggiano.

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