La capsula parodia dell’Espresso. La cialda, la sua scimmiottatura. Appunti sul caffè di Gianni Frasi (Luca Farinotti)
di Luca Farinotti
Dal bar di quartiere alla stazione di servizio autostradale, il caffè si può frequentemente considerare il core business della ristorazione veloce. Se si considera poi che, dalla peggiore alla miglior qualità di caffè, passano pochi centesimi di differenza di costo vivo a tazzina, si dovrebbe presumere che un mercato intellettualmente libero, basato esclusivamente sulla promozione della Qualità, favorisca l’estinzione dei prodotti spazzatura. Infatti, l’esercente che scelga la materia prima più pregiata, non correrà rischi rilevanti di sinistrare i suoi guadagni che, anzi, aumenteranno in virtù del sempre incrementante fattore qualità. Ma allora, perché, in evidente opposizione alle premesse descritte, il mondoristorante soffre di un’incentivazione globale (da considerarsi tra le più becere, in quanto sostenuta da una estesa distorsione di informazioni slealmente fornite al consumatore e atte a reggere l’accettazione convenzionale passiva di parametri qualitativi fasulli) al consumo di caffè della qualità peggiore, sostenuto dai colossi di produzione? Per rispondere a questa domanda bisogna comprendere il funzionamento del mercato del caffè. Il Trust a esso connesso, come avvertiva Gianni Frasi, è il secondo del mondo, dopo quello del petrolio e precede addirittura quello dell’acciaio. “Nel 1960, in Italia, c’erano circa 9.500 torrefazioni artigianali. Oggi, a tostare realmente il caffè siamo meno di 450. Ce n’erano 8.500 in Germania. In questo momento, 186. In Francia, dove erano più di 9.500, sono ora 45. Il 50% di tutto il caffè che viene bevuto in Europa oggi è costituito da preparazioni fatte con cialde e capsule. E’ la sparizione del caffè. I caffè, oggi, hanno tutti lo stesso sapore. Gli ibridi utilizzati in piantagione hanno tutti lo stesso sapore. La varietà Costa Rica non sa più di Costa Rica, così come la Guatemala, la Brasile eccetera. Il Tavernello, se ci riferiamo al mondo del vino, non lo puoi servire, in quanto tale, in un ristorante con tre stelle Michelin mentre, per quanto riguarda il caffè, è diffusissima l’abitudine di servire, anche da parte di un Tre Stelle, un caffè di scarsissima qualità. Per ragioni inconfessabili, che legano i ristoratori ai loro fornitori di caffè, la qualità media che si riscontra oggi è la più bassa rispetto a qualsiasi altra categoria di prodotto del mondoristorante, dal bar di quartiere ai più celebri ristoranti del mondo”.
Gianni Frasi parlò nel dettaglio, in una intervista rilasciata a Report, dei meccanismi che governano l’industria e il mercato del caffè mondiali, riferendosi al degrado delle materie prime utilizzate e a quello che lui definisce satanismo del mercato. “Se la parola aramaica Satàn, in italiano significa capovolgitore, siamo di fronte al Capovolgitore dell’espresso. La preparazione in capsula non è una caricatura dell’espresso, ma una parodia. E se, come si dice, Satana è la scimmia di Dio, allora la cialda si può definire la scimmiottatura dell’espresso.” L’intervista, riproposta alcune volte, fu poi tagliata e infine rimossa anche dal Web, a causa dell’intervento censorio degli sponsor televisivi. “L’atteggiamento del torrefattore – aggiunge Frasi – non deve essere in nessun caso utilitaristico, speculativo, mediatico”. Il sistema che governa l’industria del caffè nel mondo non è dissimile da quello che sostiene tenacemente l’industria di tutti gli altri prodotti inglobati e inglobanti al Grande Contenitore.
Facciamo un passo indietro: la macchina del caffè espresso è stata inventata da un italiano, un torinese, e l’Italia vanta una tradizione unica, per scuola e mestiere, riguardo alla torrefazione. L’eterogeneità di stili di tostatura che ereditiamo oggi è un patrimonio culturale che, nella sua filologia, assomiglia molto alla mappa sconfinata delle varietà capillari delle gastronomie regionali italiane. Per comprendere meglio il caffè, dalla sua scaturigine fino all’imprescindibile pietra miliare del costume italiano, ovvero la quotidiana tazzina di caffè espresso, occorre dapprima considerare come il produttore virtuoso si differenzi dall’industria, riguardo alla selezione del chicco, nonché sul conseguente scarto del chicco non idoneo. Il secondo passaggio riguarda la tostatura. La qualità di quest’ultima, in genere, è inversamente proporzionale alla grandezza dell’azienda; più le quantità di caffè da lavorare sono alte, meno le tostature saranno accurate e, soprattutto, delegate all’utilizzo di alta tecnologia standardizzante non essendo possibile, oltre certi limiti, l’azione diretta, determinante, della mano umana. A livello industriale, la tostatura si trasforma in forme di lavorazione omologate quali cottura, lessatura a vapore, induzione di calore e altri metodi che non hanno nulla a che vedere con le necessità fisico-chimiche connesse alla trasformazione mistica del chicco di caffè. I macchinari tecnologicamente avanzati, che garantiscono l’ottimizzazione elettronicamente automatizzata alla tostatura del caffè, non possono sostituire l’abilità umana poiché, pur producendo in scala le tipologie richieste dal mercato, per toni di gusto definiti carico, morbido, forte eccetera, non sono in grado di originare l’evento necessario alla trasformazione del chicco di caffè in qualcosa di uguale al sé primigenio, pur alterandone la condizione. Si tratta della transustanziazione vera e propria del chicco, che solo la tostatura eseguita con una macchina a controllo esclusivamente manuale, governata da un maestro umano e non da un computer, può generare. Nella tostatura manuale eseguita da un maestro torrefattore, il chicco riceve il fuoco diretto e raggiunge velocemente il suo apice, così come un frutto sull’albero riceve il calore del sole e, nello scorrere dei giorni estivi, raggiunge la sua perfetta maturazione. Ma, come al frutto l’albero dona gli aromi migliori soltanto negli istanti prima di rilasciarlo, così allo stesso modo il chicco riceve dal fuoco la sua metamorfosi finale solamente all’apice di uno e un solo istante perfetto: una sorta di esplosione interna procrea il neochicco che, come una farfalla nata dal bruco, ha un nuovo colore, un nuovo peso specifico, una nuova composizione, una nuova essenza. Con la mutazione vengono asciugati tutti gli acidi grassi e, contemporaneamente, rivelati e sprigionati solo in quell’istante, non prima e non dopo, tutti gli aromi in potenza occultati nel chicco verde e inesprimibili altrimenti che attraverso il fuoco. L’alchimista tostatore ha il compito difficilissimo di prevedere, individuare a vista e infine gestire con maestria questo attimo in cui il chicco assume una particolare sfumatura di color tonaca di frate. Accoglierai, allora, nel tuo palmo, chicchi leggeri, eufonici e tintinnanti, croccanti e asciutti. Qualsiasi altro momento in difetto lascerà il chicco più pesante, unto, meno digeribile. Qualsiasi altro momento in eccesso lascerà il chicco bruciato, amaro. Qualsiasi altro tipo di tostatura che non sia quella manuale a legna, darà chicchi dell’una o dell’altra specie. I tostatori, nel mondo, in grado di donare il chicco perfetto sono pochissimi. Avremo quindi torrefattori che, per rimanere in vita sul mercato, sceglieranno linee prudenti, ottenendo caffè non perfettamente tostati, e altri che produrranno caffè forti ma indigeribili. Infine, importantissima è la distinzione tra le razze di caffè Arabica e Robusta, legata al contenuto di acidi grassi. La maggior parte dei bar preferisce somministrare miscele con alte percentuali di Robusta (mal tostata) che garantisce un volume maggiore di crema, ma è anche meno digeribile.
I messaggi pubblicitari sul caffè ci inducono ingannevolmente a identificare l’alta qualità con il packaging, funzionale tra l’altro all’individuazione della categoria di gusto preferita, all’interno dell’eterogenea disponibilità di cui già accennato. Gianni Frasi, al contrario insegna che ogni tipologia di caffè ha sue caratteristiche peculiari, legate all’origine, che possono essere evidenziate solo con una perfetta tostatura. Il caffè industriale acido e grasso, inoltre, alimenta l’abitudine all’utilizzo dello zucchero raffinato, distorcendo la natura di questa bevanda mistica che, quando ben fatta, esprime un nerbo di sapidità, antitetico all’aggiunta dello zucchero. Lo zucchero infatti serve a bilanciare il gusto forte e irritante originato dagli acidi grassi della Robusta. Un caffè mistico è quasi salato e possiede un ventaglio gusto-olfattivo caleidoscopico. Questa sublimazione non può essere conferita nemmeno a varietà geneticamente superiori, come la Jamaica Blue Mountain, se queste vengono gestite dalle multinazionali che lessano il caffè, mantenendo al suo interno i grassi e gli oli essenziali.
Luca Farinotti
Luca Farinotti, nato nel 1972, è un autore, docente e imprenditore italiano rinomato nel settore della ristorazione e della cultura gastronomica. Ha scritto "Mondoristorante" (2018), premiato al Bancarella della Cucina 2019 e presentato in vari festival, che esplora l'evoluzione della ristorazione italiana nei primi anni del ventunesimo secolo. Il suo libro "Reinstaurant" (2020), è un manuale fondamentale per la ristorazione post-Covid. Ha anche pubblicato "Parma 2020 Best Restaurants & Food Producers" (2019), una guida sostenibile ufficiale di Parma Capitale della Cultura 2020. Farinotti è docente di food storytelling, è stato rettore dell’Accademia Internazionale della Cultura Italiana (2021-2022), ha collaborato con importanti testate giornalistiche e è stato testimonial per UNESCO Parma City of Gastronomy. Nel settore imprenditoriale, ha creato brand di successo come Mentana 104 e Bread Parma, ed ha fornito consulenze a importanti entità nel campo della ristorazione, inclusa quella per il Consorzio del Parmigiano Reggiano.
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