Con makemeitaly.it nel cuore della liuteria italiana d’autore
La scuola di alto artigianato musicale più prestigiosa al mondo. Intervista con Elisa Scrollavezza
di Luca Farinotti
Se dovessimo organizzare una sfilata di tutte le arti, come nel finale dei Maestri cantori di Wagner, probabilmente – scrive Gustavo Marchesi in un saggio del 1985 su Renato Scrollavezza – bisognerebbe mettere in prima fila i liutai, coloro che danno corpo ai fluidi, che modellano gli involucri, che ai ricercatori della bellezza inafferrabile offrono le forme, i modelli della bellezza reale, lunghe linee femminee che seguono le spinte della creazione. La liuteria italiana rappresenta forse l’alto magistero di costruttori di cui le arti dei mestieri della nostra storia sono depositarie. E il maestro Scrollavezza – aggiunge Marchesi – è da considerarsi indiscutibilmente la guida dei fabbricanti sovrani. Tra i soli sei membri italiani, fino agli anni Ottanta, dell’Entente Internationale des Maîtres Luthiers et Archetiers d’Art, è autore di 240 violini, 61 viole, 42 violoncelli, 5 contrabbassi, 2 viole d’amore, una viola da gamba, un liuto, una viella, una pochette e un centinaio di chitarre classiche. Dopo aver rappresentato l’Italia alla Settima Mostra Internazionale di liuteria contemporanea di Tokyo e Osaka del 1980, nello stesso anno il maestro decide, benché pressato da richieste da tutto il mondo, di non vendere più strumenti. E, da allora, fino alla sua recentissima scomparsa, dedica ogni sua energia esclusivamente alla ricerca pura, per sua personale soddisfazione, di quell’equilibrio tra forma e suono che rappresenta l’unico vero “segreto” degli strumenti ad arco. Da qui, la realizzazione di un’intera orchestra che rappresenta l’opera maestra di Scrollavezza, esempio rarissimo nella storia della liuteria: una consuetudine che risale ad Amati e Stradivari, mai più ripetuta, unica in epoca moderna. Tra le missioni di makemeitaly.it vi è quella di proteggere e conservare, divulgandone le scuole e la tradizione, le prestigiose arti dei mestieri italiani: nella sua villa del Seicento, in provincia di Parma, Elisa Scrollavezza, liutaia e figlia di Renato, ha raccolto, insieme ad Andrea Zanrè, la pesante eredità di un mestiere che rappresenta a tutti gli effetti uno degli apici dell’altissimo artigianato italiano. “La scuola italiana è senza dubbio la più prestigiosa al mondo”, ci dice. “La liuteria è un mestiere che non rischia l’estinzione ma che ha bisogno di allievi e di mantenere vivo il concetto di bottega, di artigianalità. Oggi il mercato dell’Est si è organizzato per una produzione industriale in serie e ha il potere di monopolizzare l’acquisto del legno più pregiato necessario alla realizzazione di violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Per questo motivo, sul mercato in oriente, si possono trovare, sorprendentemente, strumenti realizzati con legno pregiatissimo, di prima qualità, a poche centinaia di euro. Tra questi ultimi e gli strumenti realizzati in modo artigianale c’è però una differenza abissale di suono, di prestazione tout court. E quello prodotto dall’industria, seppur fabbricato con i migliori materiali, non potrà mai, nemmeno lontanamente, essere messo a confronto con uno strumento di liuteria tradizionale. Un liutaio può produrre sei o sette strumenti di altissima qualità all’anno, nulla in confronto alla produzione industriale. Va da sé, dunque, che quello della liuteria sia un mestiere di alto prestigio che va preservato e mantenuto vivo da una scuola di massimo livello. Quella italiana fu rilanciata negli anni Trenta del secolo scorso dal Farinacci. Come operazione di propaganda – potremmo anche definirla commerciale per quell’epoca – ebbe comunque un risvolto importante nel rilanciare una scuola specifica che si rifaceva a Stradivari e a tutti gli altri celeberrimi nomi dei secoli precedenti. Nel frattempo, le aree tra Parma, Mantova e Torino, ma anche intorno a Venezia, rimanevano, a prescindere, il cuore della liuteria italiana”. Ma se tutti i legni pregiati dei boschi dell’Europa dell’Est finiscono in Cina, – chiediamo a Elisa – l’artigianato italiano è in pericolo? “In Italia, in Val di Fiemme, abbiamo il migliore abete rosso del mondo mentre, per l’acero, ci si può rifornire, come da tradizione, nei boschi della Bosnia. E il mestiere non è a rischio di estinzione, fatta salva la crescente mancanza di nuovi apprendisti liutai italiani. È però importante che il grado di qualità richiesto dai fruitori non vada diluendosi col trascorrere dei decenni, causando un appiattimento qualitativo non solo del nostro mestiere, ma anche dell’orecchio dei musicisti stessi. Il nostro senso di responsabilità ci impone di sfruttare i moderni mezzi di comunicazione per creare un network virtuoso tra liutai e musicisti, nonché di aiutare i colleghi sparsi per il mondo a mantenere più alto possibile il livello della loro arte. Per i musicisti, stiamo progettando un corso di studio, probabilmente il primo al mondo, che li renda in grado di svolgere autonomamente la perfetta manutenzione dei loro strumenti; l’acquisizione di precise competenze tecniche darà agli studenti, prima di tutto, la possibilità pratica di sottrarsi alla continua e costosa assistenza esterna che, spesso, data la mancanza di competenze specifiche tipica di certi paesi, può risultare poco efficace se non inutile. E, in secondo luogo, genererà una maggiore consapevolezza dello strumento in sé. Per i colleghi sparsi nel mondo, invece, stiamo strutturando delle masterclass sulle tecniche avanzate riguardanti, per esempio, la messa a punto acustica, la verniciatura (è un falso mito che sia essa a determinare la qualità del suono di un violino. Spesso sento ancora dire, anche da addetti ai lavori, che il segreto di uno Stradivari sta nella magica pozione della sua vernice, un po’ come se fosse la misteriosa ricetta della Nutella, ma le vernici originali sono scomparse del tutto e non hanno nulla a che vedere con la performance e la qualità dello strumento) che può giocare un ruolo molto importante nella conservazione, o i dettagli di alcune procedure complesse di lavorazione; tutto ciò indirizzato a liutai anche già abbastanza esperti che però non abbiano mai avuto modo di entrare in contatto con i cosiddetti segreti di bottega. Ecco, in questo caso si può parlare di tecniche e procedure esoteriche, non tanto perché siano misteriose, ma piuttosto perché difficilmente possono essere conosciute anche da chi abbia studiato nelle scuole ufficiali. Si tratta di segreti ottenuti attraverso la dedizione al mestiere, la sperimentazione, la sensibilità e un lungo rapporto di interazione con il legno, la capacità di selezionarlo e, infine, di ascoltarlo, oltre che con l’orecchio e il tatto, anche con un utilizzo, specificamente educato, del cosiddetto sesto senso”.
Piace ricordare – scrive Francesco Baroncelli – come questi strumenti, nati dal più umile tronco d’albero e, insieme, dall’abilità umana, rappresentino uno degli esempi più eloquenti dell’intesa tra gli uomini e la natura: e di come questa intesa sia sempre espressa, spingendo gli uomini alla ricerca dell’armonia.
Luca Farinotti
Luca Farinotti, nato nel 1972, è un autore, docente e imprenditore italiano rinomato nel settore della ristorazione e della cultura gastronomica. Ha scritto "Mondoristorante" (2018), premiato al Bancarella della Cucina 2019 e presentato in vari festival, che esplora l'evoluzione della ristorazione italiana nei primi anni del ventunesimo secolo. Il suo libro "Reinstaurant" (2020), è un manuale fondamentale per la ristorazione post-Covid. Ha anche pubblicato "Parma 2020 Best Restaurants & Food Producers" (2019), una guida sostenibile ufficiale di Parma Capitale della Cultura 2020. Farinotti è docente di food storytelling, è stato rettore dell’Accademia Internazionale della Cultura Italiana (2021-2022), ha collaborato con importanti testate giornalistiche e è stato testimonial per UNESCO Parma City of Gastronomy. Nel settore imprenditoriale, ha creato brand di successo come Mentana 104 e Bread Parma, ed ha fornito consulenze a importanti entità nel campo della ristorazione, inclusa quella per il Consorzio del Parmigiano Reggiano.
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