Hospitality management: la macchina perfetta per il food tourism

di Nicola De Ieso

Il 58% delle scelte turistiche in Italia nel 2023 è stato influenzato dal cibo. Lo dice l’ultimo Rapporto sul Turismo Enogastronomico, ma lo dice anche la crescita dell’offerta di hospitality da parte delle aziende produttrici. Ma se nell’immaginario collettivo il food tourism è soprattutto vino e cantine, in realtà la proposta si sta allargando a dismisura. Ad incalzare i percorsi di Bacco sono soprattutto i caseifici. La Penisola, con buona pace dei francesi, ha la più grande varietà al mondo di formaggi.

Non a caso nella top 100 Best Cheeses dei Taste Atlas Awards 2024, ci sono tre specialità italiane sul podio: Parmigiano Reggiano, Mozzarella di Bufala Campana e Stracchino di Crescenza. Il lascito gastronomico e artigianale dei popoli che hanno attraversato l’Italia è un patrimonio immenso di sapori e di luoghi da visitare.

Oltre ai vini e ai formaggi, il nostro Paese ha giacimenti immensi nelle produzioni di olio extra vergine, di miele, di frutta, di verdure, di carni, di sfarinati e – ovviamente – di salumi.

Morale della favola: ogni luogo di produzione, dalla montagna al mare, è un potenziale attrattore turistico. La vera domanda è: perché non c’è un’offerta di food tourism proporzionata alla vastità delle produzioni enogastronomiche italiane? Semplice, perché il turismo e l’hospitality non si improvvisano.

Nella mia esperienza di consulente aziendale, ho avuto modo di accompagnare un’importante azienda produttrice di Parmigiano Reggiano nella rimodulazione dell’offerta, che ha portato ad un incremento del 140% delle visite in azienda. Il food hospitality management interviene su ogni singolo aspetto, dalla proposta alla formazione del team, dalla selezione del personale al restyling degli spazi di accoglienza, dallo storytelling alla strategia di marketing, dalla comunicazione alla digitalizzazione del booking. Spingere l’acceleratore su questi processi significa ottenere un risultato economico diretto ed uno indiretto. Quello diretto è l’incasso sulla vendita delle experience in azienda. Ma quello più importante è l’altro. Un flusso costante e abbondante di visitatori rafforza il brand, crea legami solidi con le persone, fa conoscere i prodotti con il tasting, fa crescere la cultura del cibo, innesca sinergie con il territorio, rafforza le reti relazionali con gli altri protagonisti dell’offerta turistica.

condividi l'articolo

Nicola De Ieso

Nato nel 1975, il soggetto della biografia è un giornalista e comunicatore italiano con una carriera lunga oltre vent'anni. La sua passione per la narrazione si è sviluppata al Liceo Classico nel Sannio e all'Università Stranieri di Perugia, dove si è laureato in Tecnica Pubblicitaria. Ha imparato a distinguere tra informare e influenzare, un'abilità raffinata durante la sua carriera. Ha lavorato come project manager per Achab Med, direttore della casa editrice Natan Edizioni, giornalista d'inchiesta per il Sannio Quotidiano, e ha gestito l'ufficio stampa della Commissione Trasparenza della Regione Campania e della federazione regionale Coldiretti. Dopo una decisione presa durante un viaggio a piedi sulla Via degli Dei, si è trasferito a Fidenza, in provincia di Parma. Ora è consulente aziendale specializzato in comunicazione d'impresa per il settore alimentare e ambientale, collabora con la Gazzetta di Parma, gestisce la comunicazione e l’ufficio stampa del Consorzio di tutela della Rucola IGP e dirige Make Me Italy.

you may be also interested in