Malvasia di Bosa, un vino fuori dal tempo unico al mondo

Con Stefano Oggianu alla scoperta dell'ultima enclave enoica di Sardegna

di Luca Farinotti

Arrivi a Bosa da Alghero trattenendo il fiato per un’ora almeno, ininterrottamente conturbato dalla tentazione di inchiodare a ogni curva per abbandonare l’auto lì dov’è e perderti nell’infinito blu da un lato, lasciarti travolgere dalla vertiginosa nera roccia dall’altro. Puoi aver camminato, amato, vissuto la Sardegna quanto vuoi ma lo stupore e la meraviglia di una prima volta, qui, ti prenderanno alla gola. L’ultima discesa ti regala le rive del Temo, l’unico fiume navigabile in Sardegna, che vedi serpeggiare sulla piana con piglio incorruttibile, millenario. La valle t’infligge suggestioni così uniche da indurti a evocare memorie per coordinarti al presente. Ripenso al Douro, nel suo tratto lusitano: stessa virilità. Lascio la città di pastelli innumeri-che qui non vi racconto- seguendo una costiera schiumosa, scrosciante, cubana. La Toyota scassata e polverosissima s’inerpica ansiosa per i tornanti verso l’altura, in cerca di Pisturri, finestra sul mare pervasa da piccoli appezzamenti di vigneto dalle diverse sfumature. L’uomo – qui Emidio Oggianu, pochissimi altri vignerons nei dintorni – attende alla coltivazione della Malvasia di Sardegna, enclave enoica scevra di affini realtà in tutto il mondo. Stefano, figlio di Emidio, racconta le vigne (info al link a piè articolo) e apre bottiglie inusitate: vini di almeno dieci anni, prodotti in quantità limitate da bassissime rese per ettaro. Trovarsi di fronte a una declinazione complessa, profonda e dilatata di un vitigno che siamo abituati a confinare alle periferie vinarie, spiazza e ricolma di meraviglia. “Ma non è Candia – spiega Stefano – questo vitigno ha caratteristiche uniche.”

Assaggiamo il 2013: ricorda i gessi e le asperità impavide di certi bianchi della Jura, ma ha più nervo, invulnerabilità. Poi il 2010, quasi Sherry, il 2008, suggestioni di un Tawny. Di nuovo alla memoria riemerge il Douro, i grandi Porto: strane coincidenze, di fiume e di emozioni. Ma ha ragione Stefano: non è vera affinità, se non per ostinato bisogno umano di creare associazioni. Questi vini non sono fortificati: veri, robusti, immortali per natura invece. Potenti al punto di sfidare e mettere al tappeto le più audaci creazioni casearie. Bosa terroir unico al mondo, custodito da vignaioli irremovibili, ché questa tradizione fatta carne non può essere corrotta dal modernismo apolide.

Assaggiamo anche un vermentino tratto da un fazzoletto di vigna: cinquecento litri prodotti. Marino, come soffuso di vapori di sale che, staccandosi dalla spuma delle onde, volteggiano fino a posarsi ai piedi delle viti. Stagliate su un tramonto che ruba il respiro.

Azienda Vitivinicola Emidio Oggianu – Porto Alabe – Oristano

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Luca Farinotti

Luca Farinotti, nato nel 1972, è un autore, docente e imprenditore italiano rinomato nel settore della ristorazione e della cultura gastronomica. Ha scritto "Mondoristorante" (2018), premiato al Bancarella della Cucina 2019 e presentato in vari festival, che esplora l'evoluzione della ristorazione italiana nei primi anni del ventunesimo secolo. Il suo libro "Reinstaurant" (2020), è un manuale fondamentale per la ristorazione post-Covid. Ha anche pubblicato "Parma 2020 Best Restaurants & Food Producers" (2019), una guida sostenibile ufficiale di Parma Capitale della Cultura 2020. Farinotti è docente di food storytelling, è stato rettore dell’Accademia Internazionale della Cultura Italiana (2021-2022), ha collaborato con importanti testate giornalistiche e è stato testimonial per UNESCO Parma City of Gastronomy. Nel settore imprenditoriale, ha creato brand di successo come Mentana 104 e Bread Parma, ed ha fornito consulenze a importanti entità nel campo della ristorazione, inclusa quella per il Consorzio del Parmigiano Reggiano.

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